Smart working vs lavoro in presenza: le sfide dell’head hunting in un futuro ibrido
11 maggio 2021

Smart working vs lavoro in presenza: le sfide dell’head hunting in un futuro ibrido

La pandemia di Covid-19 ha modificato radicalmente le abitudini di vita e la quotidianità dell’intera popolazione mondiale, a ogni livello, ma ha avuto un impatto travolgente soprattutto sul mondo delle imprese e sulla loro organizzazione interna.

Il ricorso al lavoro agile e la necessità di adeguare rapidamente i protocolli operativi delle aziende per renderle produttive anche con un gran numero di dipendenti attivi da remoto sono state le conseguenze più evidenti nel breve periodo, ma a un anno di distanza dall’esordio della pandemia è possibile provare a tracciare un quadro delle prospettive future, che saranno sempre più orientate in direzione di una modalità di lavoro ibrida che mescola presenza in azienda e lavoro da casa.

 

Il lavoro ibrido: opportunità e prospettive per le aziende

La pandemia di Covid-19 ha messo in luce tanto le potenzialità quanto i limiti del lavoro da remoto: il modello classico del lavoro totalmente in presenza, basato su gruppi di dipendenti che operano in contemporanea nello stesso luogo, è stato messo prepotentemente in discussione, e si è fatta strada la possibilità di cominciare a pensare in un’ottica ibrida, in cui la presenza fisica sul luogo di lavoro non viene del tutto eliminata ma si mescola con modalità di lavoro alternative.

Sono molte le aziende che si stanno muovendo in questo senso, trovando soluzioni differenti in base alle loro specifiche necessità, e anche grandi colossi come Google hanno proposto ai propri dipendenti di sperimentare una modalità di lavoro flessibile in cui la settimana lavorativa si sviluppa mescolando giornate di lavoro in presenza con altre da remoto.

In molti casi questa scelta è stata dettata, in prima battuta, dalla necessità di ridurre la presenza dei lavoratori all’interno di uffici e aziende per agevolare il rispetto delle norme anti-Covid, ma oggi la prospettiva è nettamente cambiata e ci si muove in questa direzione anche a prescindere dall’evoluzione del quadro pandemico.

La modalità scelta da Google (che prevede, sostanzialmente, la presenza di ogni dipendente in azienda per 3 giorni a settimana, e il lavoro da remoto nel resto del tempo) è solo una delle possibili soluzioni per riorganizzare il lavoro in ottica ibrida: altre aziende stanno valutando un modello che prevede la presenza dei dipendenti in azienda nelle fasi iniziali e conclusive dei diversi progetti, quando è più necessario un confronto diretto dal vivo, lasciando che le fasi operative vengano poi gestite in remoto; in altri casi il modello prevede la presenza dei lavoratori in azienda per una settimana al mese, a rotazione, mentre nelle altre tre il lavoro viene svolto da casa.

Tutte queste soluzioni sono praticabili, e la preferenza per un modello rispetto agli altri può essere determinata da una grande varietà di fattori che cambiano da azienda ad azienda. Quel che è certo, però, è che la pandemia ha generato un’accelerazione in questa direzione che non sarà possibile fermare: le aziende sono chiamate a trovare soluzioni per gestire un cambiamento che è già in atto, e che non può essere arrestato ma che deve essere affrontato con prontezza e intelligenza, in chiave strategica.

 

Lavoro ibrido e selezione del personale: una sfida aperta

Questa evoluzione del panorama lavorativo in direzione di modalità ibride ha influenzato in modo radicale anche l’attività di ricerca del personale. A ogni livello – ma in modo particolare nel caso di executive search – le modalità di gestione del lavoro in presenza e da remoto sono diventate un parametro essenziale tra quelli valutati dai candidati nel momento in cui prendono in considerazione un’offerta di lavoro.

La possibilità di gestire la propria attività in modo flessibile, alternando la presenza in azienda e il lavoro da casa, è diventata un elemento chiave, e le aziende che si occupano di head hunting e recruiting evidenziano che la capacità di attrarre figure professionali brillanti e qualificate aumenta nei casi in cui le aziende si dimostrano disponibili in questo senso. Al contrario, sempre più spesso i potenziali candidati non prendono nemmeno in considerazione posizioni lavorative che non garantiscono flessibilità.

In uno scenario di questo tipo, la scelta di modalità di lavoro ibride diventa un passaggio obbligato per le aziende che vogliono selezionare e assumere dipendenti realmente motivati e talentuosi.

 

Un nuovo modello manageriale

Questa rivoluzione già in atto ha cambiato radicalmente le modalità di lavoro dei singoli dipendenti, ma ha avuto un significativo influsso anche sulle scelte manageriali. È fondamentale, infatti, che le aziende possano contare su manager e dirigenti in grado di governare questa situazione e di rispondere alle esigenze di flessibilità dei sottoposti mantenendo allo stesso tempo il controllo sulla loro produttività. Se in passato il manager doveva essere in grado di coordinare, motivare e valutare l’attività di un gruppo di lavoratori che operava quasi esclusivamente in presenza, oggi è fondamentale che sappia gestire i tempi di lavoro, gli obiettivi e i risultati di dipendenti che operano in modo ibrido, e che sia in grado di rivedere in modo flessibile e creativo i criteri sulla base dei quali misura la loro produttività.

In un passaggio cruciale come quello che stiamo vivendo, la presenza di un gruppo manageriale capace di governare questo cambiamento così radicale può fare davvero la differenza per il futuro di ogni azienda: per questa ragione Flower&Klein affianca con ancora maggiore energia i suoi clienti, per accompagnarli nella selezione di figure professionali realmente in grado di affrontare le sfide che il lavoro ibrido pone.